L'INFERNO


L’inferno: il girone degli ipocriti

18.30 SALA VOLPI

L’INFERNO (1911) di Giuseppe Berardi e Arturo Busnengo

A seguire verrà proiettata la copia messa a disposizione dalla Cineteca Nazionale, e acquisita dalla stessa attraverso uno scambio con la Cineteca di Sofia, del film:

L’ INFERNO (1911) di Adolfo Padovan, Francesco Bertolini e Giuseppe De Liguoro.

Regia Adolfo Padovan - Francesco Bertolini
Collaborazione alla regia Giuseppe de Liguoro
Fotografia Emilio Roncarolo
Scenografia Sandro Properzi, Francesco Verdolini
Commento musicale Raffaele Cavaraglios
Interpreti e personaggi Salvatore Papa (Dante Alighieri); Arturo Pirovano (Virgilio); Giuseppe De Liguoro (Farinata/Pier Delle vigne/Conte Ugolino); Attilio Motta, Emilise Beretta, A. Milla (Lucifero)
Produzione Milano Films, Milano
Visto di censura 4854 del 20 ottobre 1914
Lungometraggio 1200 (3 parti)
B/N

TRAMA
IN TRE PARTI E CINQUANTAQUATTRO SCENE, RIPERCORRE ED ILLUSTRA I MOMENTI E I PERSONAGGI PIÙ NOTI DEL POEMA DANTESCO SEGUENDO LO STESSO SCHEMA DELLA CANTICA USATO DA DANTE NELLA DIVINA COMMEDIA. OGNI SCENA È INTRODOTTA DA UNA DIDASCALIA, CHE RIPORTA A VOLTE I VERSI PIÙ CONOSCIUTI DEL POEMA DANTESCO (FACENDOLI SEGUIRE DA UNA FRASE ESPLICATIVA IN PROSA) E IN ALTRI CASI SI LIMITA INVECE A SPIEGARE LA SITUAZIONE.
‘IN GENERALE SI PUÒ DIRE CHE, DAL PUNTO DI VISTA TECNICO, L’INFERNO SIA UNA ANTOLOGIA DEGLI EFFETTI SPECIALI, DEI TRUCCHI PIÙ NOTI E SPERIMENTATI USCITI DA QUELLO STRAORDINARIO LABORATORIO CHE ERA STATO LO STUDIO DI GEORGES MÈLIÈS. (…) MA QUI IN REALTÀ SIAMO BEN LONTANI DALLE FANTASIE NAIVES, CARNEVALESCHE E PLEBEE DEL MAGO DI MONTREUIL: QUI IL TRUQUAGE NON È AL SERVIZIO D UNO SVAGATO GIOCO FANTASTICO, O DEL GROTTESCO, DATO CHE SI AVVERTE INVECE COSTANTE LO SFORZO DI RENDERE QUESTA EVOCAZIONE DELL'INFERNO DANTESCO, IN QUALCHE MODO, VEROSIMILE; E IL TRUCCO DOVREBBE SOPRATTUTTO SERVIRE AD ACCRESCERE L’ORRORE. (….) NEL COMPLESSO IL FILM PUÒ ESSERE ANCORA OGGI CONSIDERATO IL PRIMO ‘CAPOLAVORO’ DEL CINEMA MUTO ITALIANO, UN’OPERA MAESTRA CHE APRÌ DAVVERO NUOVI ORIZZONTI AI CINEASTI DI TUTTO IL MONDO; MA INVANO DI LÌ A QUALCHE MESE GLI STESSI BERTOLINI, PADOVAN E DE LIGUORO CERCHERANNO DI RIPETERE L’EXPLOIT CON UN’ALTRA RIDUZIONE AMBIZIOSA: QUELLA DELL’ODISSEA DI OMERO. (…)’ ALDO BERNARDINI, ‘BIANCO & NERO’, ROMA N. II, APRILE GIUGNO 1985

dalla critica dell’epoca:
«(...) Seguendo il proiettarsi delle scene, abbiamo delle visioni così sublimi, da poter liberamente affermare che fantasia umana prima d'allora mai ne aveva concepito, delle visioni in cui abbiamo campo di notare la grandiosità tutta del lavoro cinematografico e che nel suo complesso da il quadro reale dell'Inferno Dantesco. (...) E' l'illustrazione fedelis-sima della Divina Commedia, di quella poesia, cioè, che fu ed è germe di purezza nella vita civile. Pecche se ne riscontrano nella film, è vero, ma che sono le piccole manchevolezze di fronte alla grandiosità del lavoro? I lussuriosi passano a scatti, svelando così in modo assai evidente il trucco dello scenario e dei pupazzetti; i giganti della scena XLVII sono alquanto piccini per esser considerati veri giganti, né troppo bene è fatto il passaggio di Dante e Virgilio su Cocito (...). Ed a queste scene ne va aggiunta ancora qualche altra, che pecca per lo smascheramento dei trucchi che del resto sono indispensabili (...). Piccole manchevolezze io dissi, e nulla più di tanto (...).»
Veritas, «La Vita Cinematografica», Torino, n. 6, 5 aprile 191 1.


«(...) Nulla vedemmo di più nobile, di più artistico, di più bello, come nei quadri, ove le visioni più salienti dell'inferno vi appariscono in tutta la loro grandezza e la loro possanza. Noi che, spesso, abbiamo detestato il cinematografo, per la banalità e la scempiaggine dei suoi spettacoli, noi, ieri sera, abbiamo fatto ammenda onorevole, noi ci siamo interessati come al più imponente spettacolo e il nostro animo ne è stato scosso e contiamo di ritornarci. (...) E se Gustavo Dorè ha scritto, con la matita del disegnatore, il migliore commento grafico al Divino Poema; questa cinematografia, ha fatto rivivere l'opera di Dorè!» «Il Giorno», Napoli, 2 marzo 1911.

«(...) Il compito di ridurre cinematograficamente la concezione dell'Inferno non era certo dei più facili, bisogna riconoscere però che tutte le difficoltà sono state felicemente risolte. Il lavoro apparve forse un po' soverchiamente lento nell'azione, ma tutti coloro che hanno cuore e intelletto hanno inteso lo stesso l'opera della Milano Film come una fra le più nobili espressioni dell'arte italiana. (...) Fra i commenti più vari, una nota costante rilevava come ad onta delle fastosità sceniche, mancassero al lavoro gli elementi primi della commozione umana, i quali soli sanno accendere le folle all'entusiasmo. Non si può negare infatti che il lavoro manchi di forza espressiva, te questo forse è dipeso in parte dalla troppa scenografia, la quale ha finito per soverchiare il significato simbolico dei personaggi. L'effetto plastico e, diremo così, coreografico, su cui assai si contava, è venuto in tal modo togliendo all'azione quella rapidità di movimenti necessaria per il completo sviluppo del disegno pittorico. Il lavoro fu allestito con ricchezza e uno sfarzo straordinario. (...)»
Caio, corrisp. da Milano, «La Cine-Fono e la Rivista Fono-Cinematografica», Napoli, n. 151, 1 aprile 1911.

 
   
 
   
   
   
   
   
 
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